Negli ultimi anni, è sempre più diffusa la figura del tutor dell’apprendimento, in particolare nell’ambito dei disturbi specifici di apprendimento (DSA), ma anche per venire incontro alle esigenze di bambini e ragazzi con difficoltà scolastiche non connesse con disturbi specifici.
Il tutor non fa “ripetizioni”, non aiuta a fare i compiti, ma “entra” nel processo di apprendimento, lo analizza, ne individua i punti deboli e lo facilita.
Ciò implica che il tutor abbia una preparazione ad hoc, in riferimento alla psicologia cognitiva dell’apprendimento, alla metacognizione, alle strategie e alle tecniche più efficaci per i diversi contesti disciplinari.
L’intervento è individualizzato, considerando le caratteristiche, i bisogni, le potenzialità e le risorse del singolo studente. Non esiste una tecnica valida per tutti. Ognuno ha stili cognitivi e di apprendimento che implicano il ricorso a strategie specifiche. Ad esempio, al bambino che impara più facilmente ascoltando (stile uditivo), non è funzionale proporre sintesi scritte dell’argomento da studiare, più efficaci per lo studente con uno stile visivo verbale.
Compito del tutor, inoltre, è quello di gestire gli aspetti emotivi e motivazionali connessi con lo studio. Lo studente ha spesso alle spalle vissuti scolastici negativi, dovuti ai numerosi insuccessi sperimentati, che nel corso del tempo hanno generato ansia, frustrazione, paura di sbagliare, bassa autostima, demotivazione. Questi aspetti condizionano sia la quotidianità a scuola, che lo studio svolto a casa. È importante, quindi, dedicarvi ampia attenzione e gestirli nel rapporto di tutoraggio.
La finalità prioritaria del tutor è quella di favorire l’autonomia negli apprendimenti, costruire e sviluppare quei processi che permettano allo studente di fare sempre più da sé, mediante l’acquisizione di specifiche competenze e strategie, e mediante l’utilizzo di strumenti e metodologie, anche di tipo tecnologico.